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26/08/2013 |
Gli stagisti - Una buona occasione per parlare del mondo del lavoro moderno è sprecata in una commedia agiografica |
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Nick e Billy non lo sanno ma la compagnia per la quale lavorano come venditori è fallita, da un giorno all'altro, lasciandoli in mezzo a una strada. Nessuna società sembra volerli, fino a che cercando su internet non trovano proprio sul motore di ricerca utilizzato un'offerta di stage che accettano perchè dà la possibilità di essere assunti dopo un periodo di prova. Quello che non sanno è che il periodo di prova a Google prevede una gara tra stagisti per chi comprende meglio i valori dell'azienda, misurandosi in tutti gli ambiti trattati dal colosso, dalla programmazione alla vendita. Nonostante non sappiano nulla di tecnologia e siano totalmente impreparati cominciano a lavorare con un team di outsider (stagisti che nessun altro ha voluto nella propria squadra) applicando metodi poco convenzionali alla risoluzione dei problemi. La sua natura di grande spot per Google, Gli stagisti, non la nasconde, è anzi molto onesto nel mostrare come tutto il film ruoti intorno all'azienda americana: è girato dentro Google, racconta di come due persone lontane da quell'universo entrino nella logica di Google, ne espone i valori, ne mostra il lavoro e ne mette in scena l'eterogeneità. Tutto avviene attraverso la cornice della commedia che invece di distruggere in questo caso costruisce. Non si tratta infatti di un film in cui l'umorismo ribalta le situazioni o mette in risalto tramite l'ironia e il paradosso ciò che sarebbe impossibile dire con un tono serio, al contrario porta due scemi comici in un contesto per mettere in risalto la loro inadeguatezza. Il contesto, insomma, ne esce immacolato se non legittimato, poichè i due protagonisti saranno felici e integrati solo una volta introiettate le regole base del luogo. Insomma non è questione di product placement, pratica non solo legittima ma anche auspicabile, quanto di disonestà intellettuale nel tradire i presupposti delle migliori commedie (quelli che Vince Vaughn e Owen Wilson avevano tenuto saldi per almeno tre quarti del loro più grande successo, Due single a nozze). Ma se l'aver inserito nel film un marchio con pigrizia e ripiegando sulla più facile delle agiografie (quella che pone l'oggetto dello scrivere come il fine ultimo da raggiungere per essere felici) è un secondo livello di lettura, la cosa più immediatamente grave per una commedia come Gli stagisti è il non essere divertente. Di fatto il film di Shawn Levy, scritto da Vince Vaughn, è privo di una scrittura vera e propria e addirittura ruba la sua struttura agli high school movie. Con poca inventiva la grande società in questo film viene rappresentata come un liceo, con le ragazze carine, i bulli, la segregazione tra vincenti e perdenti, la mensa, i dirigenti che sembrano (e si atteggiano come) professori e infine anche le partite all'aria aperta dove manifestare l'ostilità. Gli stagisti in questo senso si dimostra totalmente incapace di imbastire una narrazione intorno a quei temi che sbandiera nel titolo e nel trailer e che da tempo aspettano un'esplorazione cinematografica degna di questo nome (il nuovo mondo del lavoro, l'incapacità di reinserirsi a 40 anni, la distanza tra il vecchio universo professionale e quello nuovo, l'arrivismo giovanile indotto dalla new economy), oltre ad essere fermamente intenzionato a non inventare assolutamente nulla dal punto di vista comico. Il boss che i protagonisti salutano nel finale è effettivamente uno dei due proprietari dell'azienda, Sergey Brin.
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NB: Queste News non rappresentano una testata giornalistica in quanto vengono aggiornate senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.20 |
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